Figura sospesa tra il mondo naturale e quello civilizzato, capace di intimorire gli abitanti della valle anche solo semplicemente mostrandosi, l’Homo Salvadego è sicuramente la leggenda più famosa della Valgerola.
Riconoscibile dalla figura imponente (ricoperta da capo a piedi di pelo irsuto), dal bastone che sorregge e dallo sguardo mite, l’uomo selvatico è un personaggio ricorrente della cultura alpina, ma non solo: oltre all’iconico affresco della Camera Picta di Sacco, infatti, lo si può ritrovare addirittura su alcune guglie del Duomo di Milano e nell’Orlando Innamorato di Boiardo.
Ma chi è veramente quest’Homo Salvadego? È “buono” o “cattivo”? E chi è la Vegia Gosa?
Om salvàrech, Omo salvatico, Om pelos, Ommo sarvadzo, Wilder Mann… L’uomo selvatico della cultura alpina retica ha molti nomi e ogni zona ha le sue storie. In Valgerola, però, questo abitatore delle montagne prende il nome di “Homo Salvadego”, una presenza ambigua che può avere sia buone che cattive intenzioni… Quindi, se durante le vostre incursioni vi capiterà di incontrarlo, fate in modo di avere la coscienza pulita!
La leggenda dell’Homo Salvadego è antica tanto quanto la storia dell’umanità: infatti risale all’epoca in cui il primo uomo giunse nella valle e decise di fermarsi. Questo primo uomo, però, non abbandonò mai le proprie radici e il rapporto diretto con l’ambiente alpino, con il quale si ritrovò ad essere un tutt’uno. Rimase di fatto un uomo primitivo, custode di tutti i segreti della natura, ma non per questo incivile o privo di buona indole. Quando, infatti, altri “colonizzatori” arrivarono in Valgerola, l’Homo Salvadego insegnò loro a sopravvivere in mezzo alle montagne, a coltivare il terreno e ad allevare gli animali, ma anche a lavorare i metalli e trattare il latte. Questo, però, avvenne solo quando i nuovi venuti dimostravano di onorare la natura che, da quel momento in poi, li avrebbe ospitati. Non a caso il “motto” dell’Homo Salvadego, leggibile anche all’interno della Camera Picta, è questo:
“E sonto un homo selvadego per natura – chi me offende ge fo pagura”.
Va sottolineato che, di primo impatto, l’Homo Salvadego non si dimostrò ostile: anzi, fu lui stesso a ritirarsi negli angoli più inaccessibili della valle, vivendo all’ombra della civiltà.
Ciononostante, l’Homo Salvadego resta comunque un personaggio ambivalente: la clava che impugna, infatti, serve anche per punire chi non rispetta lui e la natura. Non è però certamente assimilabile al demonio, come accadde invece durante il Medioevo: la Chiesa, infatti, non approvava il fatto che la popolazione della valle rispettasse una creatura che aveva origine dalle tradizioni pagane. Al giorno d’oggi, però, quella dell’Homo Salvadego è una leggenda molto conosciuta, così come sono più che noti gli aspetti umani e “bestiali” di questo personaggio.
Meno conosciuta è, invece, la Vegia Gosa, corrispondente femminile dell’Homo Salvadego che, però, ha anche una storia a sé stante: è infatti una figura tipica della Valle di Albaredo, “gemella” di Valgerola.
Se, però, l’Homo Salvadego è considerato un personaggio positivo, la Vegia Gosa viene invece associata alle streghe, se non accusata lei stessa di stregoneria. Addirittura ogni 15 agosto, nella piazza di Albaredo, la riproduzione della Vegia Gosa viene bruciata a mezzanotte, come gesto propiziatorio. Tuttavia anche quest’anziana donna selvaggia dovrebbe ispirare quel genere di rispetto e di timore che l’Homo Salvadego già suscita.
Il personaggio della Vegia Gosa si presenta come un donnone di un metro e ottanta coperto da una fitta peluria e vestito di pochi stracci. Il suo respiro strozzato ne anticipa l’arrivo, anche se non si fa vedere molto spesso nelle zone abitate della valle: preferisce infatti rimanere nascosta nei boschi, vivendo in simbiosi con la natura e intimorendo coloro che la avvistano tra gli alberi. Anche in questo caso, però, chi ha la coscienza a posto non ha nulla da temere. In caso contrario, se mentre passeggiate al limitare dei pascoli vi sembrerà di sentire un respiro rauco, non voltatevi e cercate di allontanarvi il più velocemente possibile…
✏️ Scritto da Vanessa Maran,
il 24/10/2016.
Ancora un’ottimo articolo su questo blog.
Grazie di ricordare le leggende e tradizioni delle valli del Bitto.
Bravo !
Lunga vita al blog e buona continuazione !
Grazie mille, Bruno!