È una valle?
È un torrente?
No! È il formaggio bitto!
“Bitto” deriva dal celtico “bitu“, che significa “perenne”, ed è una parola che può indicare due valli e un torrente. Ma il primo pensiero di ogni valgerolese (e non solo) va sicuramente al cosiddetto “principe delle Orobie”: il formaggio bitto, vero capolavoro caseario!
Difficile non conoscere il bitto, il celebre formaggio che ha preso il nome dalle due Valli del Bitto: Gerola e Albaredo. Notizie di questo prodotto caseario d’eccezione si hanno fin dal XVI secolo, quando un certo Ortensio Lando lo definì come una delle cose “da non perdere” in Valtellina.
La fama del bitto è cresciuta di secolo in secolo, tanto da meritare una mostra a Morbegno (che ha oltrepassato la 100^ edizione) e una fiera che, ogni anno, si tiene a Gerola.
Negli ultimi anni, però, il bitto è stato protagonista di aspre contese che, alla fine, hanno portato ad una netta contrapposizione: quella tra il Bitto DOP e lo Storico Ribelle. Ma quale dei due è il vero bitto storico?
Questa domanda è più complicata di quanto possa sembrare. Tra la DOP, il Presidio Slow Food e i cosiddetti “Ribelli del bitto”, è impossibile non andare in confusione…
Come riconoscere, quindi, il bitto originale da quello più “industriale”?
Perché la differenza sta tutta qui: tra un bitto che privilegia la qualità, rispettando la “ricetta” originale, e un bitto a favore della quantità, per inseguire le esigenze dell’industria e del commercio.
I Ribelli del bitto, “capitanati” da Paolo Ciapparelli, hanno un’idea molto chiara e precisa di “bitto storico”. Il bitto storico è quel formaggio che può essere prodotto solo in determinate zone della Valtellina, per fattori che vanno dal clima ottimale delle Valli del Bitto alla storia e politica del territorio, ma anche alla specializzazione e professionalizzazione dei caseari nel corso dei secoli. Secondi i ribelli, è necessario che il bitto abbia queste caratteristiche:
- il latte deve essere di mucca razza bruna alpina, al quale va poi aggiunto dal 10 al 20% di latte di capra (razza Orobica, tipica della Valgerola);
- le mucche devono nutrirsi esclusivamente del pascolo alpino: la loro alimentazione non deve essere accompagna da mangimi e fermenti aggiunti;
- il latte deve essere trattato subito dopo la mungitura (che avviene due volte al giorno: alle 6.00 e alle 16.00), ancora tiepido, all’interno dei cosiddetti calècc
Su questi tre punti i Ribelli del bitto non vogliono proprio sentir ragioni e, pur di non rinunciare alla propria identità di produttori storici, si è arrivati ad una profonda spaccatura che ha portato lo Storico Ribelle (“nuovo” nome del bitto storico, proclamato ufficialmente nel 2016 durante il Salone del Gusto di Torino) a differenziarsi completamente dal Bitto DOP, salvaguardato dal CTCB (Consorzio Tutela Valtellina Casera e Bitto). Dal settembre 2016, quindi, esistono ufficialmente due bitto…
Ma come si è arrivati a questa situazione paradossale?
C’erano una volta gli anni Ottanta, epoca rimpianta da tutti coloro che l’hanno vissuta. È proprio in questi anni che nasce l’intenzione di allargare le zone di produzione del bitto storico. Inizialmente il marchio Valtellina, promosso dalla Camera di Commercio, prevedeva la produzione del bitto solo negli alpeggi della Comunità Montana di Morbegno e di alcuni comuni della provincia di Sondrio, senza stravolgere le caratteristiche basilari di questo formaggio. Le cose, tuttavia, iniziarono a cambiare quando si cominciarono a sperimentare in Valtellina e Valchiavenna (dove non si producevano nemmeno formaggi grassi) le tecniche di produzione del bitto. Questo senza tener conto del fatto che il bitto storico non è solo il risultato di una serie ben precisa di procedimenti, ma anche di specifiche condizioni climatiche, geografiche e culturali.
Quando divenne ormai chiaro che la DOP, una volta avviata, avrebbe coinvolto tutta la provincia di Sondrio (per avere una dose sufficiente di prodotto da commerciare), nel 1994 i produttori storici fondarono il Comitato bitto (che nel 1997 diventerà l’Associazione Produttori Valli del Bitto), al fine di differenziarsi da un Bitto DOP che già stava iniziando ad allontanarsi dall’idea originaria di “bitto”. Già nel 1995, infatti, l’aggiunta del latte di capra viene considerata una “concessione”, e non un aspetto basilare del bitto storico. La vera ribellione, però, scoppiò quando la DOP approvò l’introduzione di mangimi e di fermenti selezionati nell’alimentazione delle mucche, con lo scopo di aumentare la produzione media di latte giornaliera.
I primi anni 2000 segnano l’inizio di una serie di conflitti tra i produttori storici, con portavoce Ciapparelli, e il Consorzio, alternati da brevissime tregue. Uno dei picchi della ribellione è rappresentato dalla Mostra di Morbegno del 2003, anno in cui i già soprannominati Ribelli del bitto decidono di non partecipare: questo perché l’evento non prevede un concorso riservato al bitto tradizionale, quello che esclude totalmente l’uso di mangimi e prevede l’aggiunta del latte di capra. L’opinione pubblica è divisa: c’è chi considera i Ribelli dei tradizionalisti fin troppo irrazionali, ma sono in aumento gli appassionati che appoggiano la loro dedizione.
Nel 2003 nasce anche il Presidio Slow Food Bitto Storico, che coinvolge 16 alpeggi decisi a non rinunciare ai procedimenti che fanno del bitto il formaggio d’eccellenza che è. Il 2004 è l’anno della tregua: infatti non solo a Morbegno viene indetto il concorso tanto desiderato, ma i Ribelli si differenziano dal resto della DOP grazie alla dicitura “Bitto Valli del Bitto”. Dicitura che, però, secondo il Ministero delle Politiche Agricole risulta incompatibile: questo a causa di un errore da parte del CTCB, che non ha ufficializzato il marchio.
Nel 2005 i Ribelli acquistano sempre più sostegno e abbandonano il CTCB, anche se a questa spaccatura segue una seconda tregua nel 2007, in occasione del centenario della Mostra di Morbegno. Tuttavia, dopo altri tira e molla (il più distintivo dei quali è rappresentato dall’intervento degli ispettori dell’Ufficio Repressione Frodi al Centro del Bitto di Gerola Alta), nel 2010 nasce il Consorzio Salvaguardia Bitto Storico, con presidente lo stesso Ciapparelli.
È il 2016, però, l’anno della spaccatura definitiva: a luglio sul blog dei Ribelli del bitto – ribellidelbitto.blogspot.it – (che non riescono più sottostare alle condizioni di una DOP che non li valorizza) viene annunciata la morte del bitto storico e, pochi mesi dopo, è proclamato ufficialmente il nuovo nome: Storico Ribelle.
Per chi non è del settore o non è appassionato di questo mondo, più “battagliero” di quanto si possa pensare, cercare di orientarsi tra tutti questi battibecchi non è di certo semplice, così come non è facile avere un’opinione ben precisa al riguardo: del resto, quando mangiamo un pezzetto di bitto, difficilmente riusciamo ad immaginarci tutti i conflitti che stanno dietro a quella piccola porzioncina di formaggio.
C’è chi simpatizza per i ribelli, che hanno scelto di sostenere con fermezza la propria posizione non solo perché sono gli eredi di una tradizione, ma soprattutto perché hanno deciso consapevolmente di continuare a fare la differenza; dall’altra parte, invece, c’è chi comprende che il mondo sta cambiando, così come i suoi ritmi e… sì, anche il cibo. Ciononostante, ovunque siano riposte le nostre simpatie, l’importante è sapere che ci troviamo di fronte a due alternative tra cui scegliere, due diverse realtà da conoscere e da provare: da una parte, il mondo che cambia; dall’altra, il mondo che resta… nonostante i cambiamenti.
Ciononostante, ovunque siano riposte le nostre simpatie, l’importante è sapere che ci troviamo di fronte a due alternative tra cui scegliere, due diverse realtà da conoscere e da provare: da una parte, il mondo che cambia; dall’altra, il mondo che resta… nonostante i cambiamenti.
Tuttavia, c’è un detto: siamo quello che mangiamo. E, se siete dei veri ribelli… sapete cosa mangiare!
✏️ Scritto da Vanessa Maran,
il 20/10/2016.
Vero,tutto o quasi…
Ci sono altri problemi nel sostenere l’associazione dalle Valli del Bitto.. auguro a loro di poter continuare.. sono un appassionato di questo formaggio unico..ma si poteva benissimo risolvere il problema con un po’di buon senso.
Peccato,il nome nuovo è orribile.
Assaggiate pure un pezzo di “Bitto D.O.P.”, poi uno di “Storico Ribelle” ( perchè oggì si è costretto a chiamarlo così … ) a capirete tutto !
Bruno